Articoli Personali

La verginità ai tempi della separazione

Sei andata a letto alle 2 del mattino dopo una conversazione surreale via whatsapp intercorsa tra te e i tuoi figli, reduci da una grigliata e sistemati per la notte dal padre.

Nella stimolante conversazione loro, incuriositi da una mente acuta, dubitavano della “tua verginità”.

A loro parole: ” non puoi essere vergine dopo esserti lasciata da papà! Devi aver avuto un compagno, una relazione!”.

“Ah sì?

Dopo vent’anni con vostro padre? Anche no!
E poi da me al lavoro, nella struttura per anziani, ci sono vecchiette vedove da 50 anni ma non hanno mai avuto nessun altro”.

“Sì ma tu non sei il tipo”

E mentre ti chiedi perché i tuoi figli dubitino della tua verginità, crolli tra le braccia di Morfeo cinque ore prima di essere svegliata da un aitante maschio peloso, dalla lunga lingua calda. Ettore.
Il tuo cane.

Leggendo in questa sveglia all’alba un segno del destino, corri all’ASL a ritirare il biglietto, questo fantomatico biglietto che devi ritirare categoricamente alle 7 del mattino.

E quindi vai a ritirare il biglietto, all’alba del nuovo giorno, con le cispe ancora negli occhi, quando avresti potuto dormire almeno fino alle otto e invece no! Ma perché? “Perché i biglietti poi finiscono…” Sì ma è presto… Vabbè ma tu sei sveglia, cosa rompi i coglioni?

Fai le commissioni in programma, come la ristampa del codice fiscale del bambino che il tuo ex marito ha perso, ma dice che lo hai perso tu e siccome tu perdi sempre le chiavi, esiste un precedente che ti inchioda e la colpa alla fine ricade su di te.

Dopo una mattina travagliata, nel primo pomeriggio porti uno dei tuoi figli in spiaggia.

Il piccolo, che ha un appuntamento con degli amichetti, lo lasci in spiaggia, il grande che è in punizione, in spiaggia ci va solo accompagnato e così gli tocca venire a fare commissioni con te. Poi il programma è di tornare e restare tutti al mare.

Ma mentre sei in coda alle poste e appagata, fiduciosa, finalmente sei anche in piena telefonata con l’inps, che per prendere la linea hai passato tutta la mattina sentendo Beethoven e fracassandoti i maroni, ti giunge la telefonata che il piccolo sta male.

Capogiro, vomito, al posto che girare a destra va a sinistra.
Pallonata in pieno viso, cervicale schiattata. E ti tocca portarlo in un luogo appartato dove controllarlo.
In contatto con la dottoressa, la pediatra e il padre eterno, se fosse reperibile, vedi piano piano il figlio piccolo rinvenire, riprendere colore, vigore, tornare alla vita.

Intanto hai lasciato il grande in spiaggia, più per strategia di sopravvivenza (intendevi portare il piccolo al pronto soccorso) che per strategia educativa, comunque passata un’ora ti giunge una telefonata:

Il grande si è scontrato con un compagno e ha spaccato il naso.

E vai a recuperare anche il grande, che ostenta disinvoltura con il naso gonfio, per poi scoppiare un un pianto liberatorio appena al sicuro da occhi indiscreti.

Ora, qualcuno ha chiesto perché sono ancora vergine?

Stefania Italiano

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